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Come l’America voleva vincere la guerra fredda con l’arte. Salta fuori la verità decenni dopo

Anche l’arte può diventare uno strumento per prevalere sulle altre nazioni e, in fondo, sembra che gli Stati Uniti questo lo sapessero bene fin dagli anni ’40 dello scorso secolo.

Nel 1947, infatti, la CIA decise di usare l’arte e la cultura d’avanguardia come una forma di arma segreta per prevalere durante la Guerra Fredda.

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Anche l’arte può diventare uno strumento di guerra: ecco cosa è accaduto con l’intervento della CIA dello scorso secolo – labiennale.it – Fonte Guggenheim Venice

A prendersi cura di questo progetto fu l’ufficio che faceva capo a Tom Braden, che decise di puntare soprattutto sul movimento dell’espressionismo astratto. L’idea alla base era sicuramente rivoluzionaria, per quanto non nuova nella storia, e forse ha giocato un ruolo decisivo nell’orientare le preferenze dell’opinione pubblica nei decenni…

La CIA finanziava l’espressionismo astratto: ecco come supportava gli artisti

Con l’obiettivo di cui sopra la CIA decise di investire soldi per promuovere l’espressionismo astratto a livello internazionale, con la finalità di diffondere la cultura americana, più vivace, in contrapposizione alla cultura sovietica, più rigida.

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Secondo le ricostruzioni le opere di Pollock beneficiarono dell’intervento della CIA, favorendo in questo modo la diffusione del movimento espressionista americano anche in Europa – labiennale.it – Fonte Guggenheim Venice

L’esempio più lampante fu quello che interessò Jackson Pollock, le cui opere erano esposte a Parigi nel 1958, per la mostra itinerante The New American Painting, insieme a quelle di Robert Motherwell, Willem de Kooning e altri ancora.

La Tate Gallery londinese voleva aggiudicarsi una parte dell’itinerario, ma i costi dei trasporti erano particolarmente elevati, tanto da non riuscire a coprirne gli oneri. Ebbene, il miliardario Julius Fleischmann decise di intervenire, mettendo a disposizione il suo denaro per compiere questo trasferimento. In seguito, però, si seppe che i soldi non arrivarono direttamente dalle casse del facoltoso miliardario, bensì direttamente dalla CIA.

E gli artisti? La ricostruzione storica vuole che gli artisti che avevano esposto le loro opere ignorassero questo intervento. C’è però chi è pronto a giurare che, in verità, l’intervento attivo della CIA con il proprio capitale fosse cosa nota un po’ a tutti, e che si volesse però evitare di approfondire troppo questa attività per evitare di creare uno scandalo che avrebbe potuto mettere in seria difficoltà il movimento artistico.

Oggi, trascorso ben più di mezzo secolo di quegli avvenimenti, la storia sembra però farsi molto più chiara e dell’intervento della CIA nella diffusione del movimento espressionistico americano non sembra aver dubbi più nessuno.

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